Bannato da facebook

 

Che benedizione!!! Bannato da facebook senza possibilità alcuna di essere riammesso.

Così mi hanno scritto i robotici operatori di facebook un mese dopo aver disattivato il mio account ed il gruppo Taking back the Swastika:

 

Ciao Govinda,

Dopo aver analizzato la tua situazione, abbiamo determinato che hai violato la nostra Dichiarazione dei diritti e delle responsabilità. È proibito pubblicare sul sito contenuti con messaggi di odio o che promuovono la violenza. Per tale ragione, non saremo in grado di riattivare il tuo account per nessun motivo. Purtroppo non possiamo fornirti ulteriori informazioni sul motivo per cui il tuo account è stato disabilitato. Questa decisione è insindacabile.

Grazie per la tua comprensione.

Deniz
User Operations
Facebook

 

Probabilmente qualcuno ha segnalato il gruppo "Taking back the swastika", visto che anche quello è sparito.
È giusto che Facebook  censuri un gruppo che non viola nessuna delle regole di fb sui gruppi (Sono vietati i gruppi con contenuti o immagini che promuovono l'uso di droga o la nudità oppure che fanno allusione ad attività sessuali, nonché i gruppi che incitano alla violenza o attaccano un individuo o un gruppo di persone.) ??...?
Taking back the Swastika è stato censurato e questi erano i suoi contenuti:
" In occidente la Swastika è associata al nazismo, ciò ha messo in ombra il vero significato religioso e culturale di questo simbolo. La parola Swastika deriva dal sanscrito e significa "benessere" e "buona fortuna", è ancora ampiamente utilizzata in tutto l'oriente come decorazione su case, templi e ai festival. Greci, ittiti, celti e persino i nativi americani hanno utilizzato questo simbolo. La Swastika è stato usurpata e adottata da Adolf Hitler nel 1920 come simbolo del suo partito nazista ed ora resta questo l'unico significato che ha assunto in occidente. E' ora di chiarire il malinteso e riprenderci la Swastika."
Quindi nessun messaggio di odio o di incitamento alla violenza. Inoltre gli altri due amministratori del gruppo sono stati riattivati, facebook...non vi capisco!!!

Comunque, come dice il proverbio, non tutto il male vien per nuocere: è sotto l’occhio di tutti come facebook stia controllando sempre più i nostri dati personali e già meditavo da tempo di cancellare la mia iscrizione, ma una volta iscritti non sembra così facile cancellarsi. Perciò credo che facebook mi abbia fatto un grosso favore nel bannarmi, anche se la perdita di molti contatti, dei video o quant’altro non è che faccia proprio piacere. Non mi riscriverò questo è certo!

Govinda Das Aghori

 

 


 

Alcuni articoli che ho trovato interessanti:

 

FACEBOOK O LA SCHEDATURA VOLONTARIA?

Facebook, il social network più trendy del momento, ha ormai oltre cento milioni di utenti, di cui oltre due milioni nel nostro paese.
E’ davvero iniziato con la motivazione di tenersi in contatto con i compagni di college e di università per poi diventare una “moda”che ha arricchito i sui ideatori arrivando ad un fatturato stimato in trecento milioni di dollari?
Oppure è una “schedatura volontaria e accattivante” costruita dentro un disegno che lambirebbe la volontà di controllo totale della Cia e dell’Iao dopo l’attentato alle Torri gemelle?
Certamente magari ci si diverte, addirittura si “rimorchia” ma il prezzo alto da pagare è quasi sempre la propria privacy. Si cedono (volontariamente) i propri dati anagrafici, il proprio profilo, le fotografie dei momenti più importanti della propria vita, nonché di parenti e amici.
Una tentazione non solo per i curiosi ma anche per chi può compiere truffe, furti di identità ed anche peggio. E’ vero c’è la possibilità della scelta nel chi può vedere le foto o chi può leggere lo status,ma non è una barriera sufficiente.
Non sarà un caso che l’homepage di facebook recita così: “non possiamo garantire che i contenuti inviati al sito non siano visualizzati da persone non autorizzate” ed anche “non siamo responsabili di elusioni delle misure di sicurezza del sito o delle impostazioni della privacy”!

http://www.proletaria.it/index.php/proletaria/Futuro-p...

 

Quanto è vecchio Facebook
di Paul Olden

Non è la rete di tutti per tutti (Il World Wide Web) ma la rete di un'azienda che ci usa per il suo profitto.

Mi sono iscritto a Facebook con grande diffidenza, certo di cadere per l'ennesima volta nella trappola della profilazione, della raccolta dati personali al limite della legalità. Dati personali preziosi, che profilati e impacchettati valgono soldi. Gente che vende le mie abitudini, i miei gusti, le mie preferenze, il tipo di persone che frequento. Cose mie, che hanno un valore perché servono a sviluppare prodotti ritagliati addosso a me, prodotti ai quali faticherò a dire di no. Prodotti che mi hanno rubato l'anima e cercano di ripresentarmela come un oggetto smarrito al loro interno, certi che non potrò fare a meno di pagare per riappropriarmene.

Insomma, diffidavo e diffido tutt'ora delle buone intenzioni di Facebook e compagnia. Ma è ormai una mania collettiva, e dunque vengo sopraffatto dalla curiosità di provarlo

Decido per un'iscrizione di test, una prova che quantomeno sarà utile, che mi permetterà di parlare con cognizione di causa quando vorrò parlarne male. Faccio due account: uno fittizio, con uno pseudonimo, l'altro invece è il mio profilo reale , con nome, cognome, foto, indirizzo esatto eccetera.

Partito alla scoperta del sistema, con il mio account reale il percorso è tortuoso: trovo alcuni conoscenti, ma ho problemi a definirli amici, mi sorgono dubbi sull'opportunità di chiedere l'add. E' il caso? Se li saluto a stento quando li incontro per strada, perché dovrei chiamarli "amici" qua sopra? Temporeggio , e intanto navigo con il mio account fittizio. Qui le cose sono più facili. Mi iscrivo a diversi gruppi, aggiungo agli amici altre identità fasulle come la mia, tra le quali "Dio onnipotente". Grazie alla potenza del sistema e alle sue rapide interconnessioni in poco tempo ho una ventina di "amici". Mi iscrivo a diversi gruppi, e anche da lì dentro piovono presunti "amici" : in breve tempo ho la mia lista di persone, ho creato la mia sottorete interconnessa.

Non è differente da quello che facevamo agli albori della rete: ciascuno di noi (eravamo una sorta di pionieri del web) aveva la sua paginetta personale, scritta in html da noi stessi ('na faticaccia!) e uploadata di qua o di là, su server gratuiti o a pagamento, a costo di spaccamenti di meningi indicibili. In ogni pagina personale mettevamo una bella lista di "links consigliati", che rimandavano alle paginette dei nostri amici, creando così sottoreti di link in link . Le comunicazioni sui nuovi aggiornamenti ce le inviavamo tramite email, o usando rudimentali software per mailing list personali.

I tempi erano lunghi, ma il risultato era lo stesso di facebook: ci tenevamo al corrente delle attività di ciascuno, e miglioravamo di giorno in giorno la nostra rete di collaborazioni e contatti e la nostra lista di link ai siti degli amici. Facebook in pratica razionalizza e rende estremamente veloce questo procedimento, che è un procedimento che fa parte della natura stessa della rete. Con due differenze:

1) Quello che si faceva in libertà appoggiandosi dove capitava, su Facebook si fa dentro un sistema che ha un padrone e un controllo verticistico.

2) Facebook fa di tutto per farti credere che tutto funzioni meglio se metti i tuoi veri dati personali e rinunci totalmente alla tua privacy.

Ma la differenza più importante, quella al tempo stesso più innovativa e più preoccupante è il fatto che la tua rete di contatti su Facebook, man mano che cresce, tende a divenire una cosa sempre più fine a sè stessa. In pratica la velocità di aggiornamento e il continuo bombardamento di avvertimenti e di nuovi messaggi di "stato" dei tuoi "amici" diventa talmente ossessiva e frequente che la funzione dello strumento Facebook viene paurosamente a mancare: Il senso dello stare su Facebook diventa stare su Facebook e basta.

Ciascuno di noi, dopo aver creato la sua discretamente vasta sottorete di contatti ravvicinati e frequenti, tenderà ad adagiarvisi come dentro ad una rassicurante conchiglia protettiva. Lo strumento non sarà più un mezzo per scambiare opinioni, links, video, notizie, ecc. ma diverrà un fine, un obiettivo totalizzante.

Stare su Facebook, attorniati dai propri presunti "amici" in costante contatto, è come una carezza sottile, come una sostanza psicotropa che ci solleva dalle nostre paure e dalla nostra solitudine.

Ho dieci nuove notifiche e due nuove richieste d'amicizia! Bene, questo significa che sono ancora vivo. L' "amicizia" non è più un modo per scambiare informazioni e cultura con gli altri: è un modo di essere tra la folla che conosciamo (o che crediamo di conoscere), sentirne il brusio soffuso e il chiacchericcio e sentirci protetti dall'assenza di silenzio.

Ecco, Facebook non è comunicazione: è solo assenza di silenzio. Non è compagnia: è solo assenza di solitudine. Non è libertà: è un carcere nel quale ci chiudiamo volontariamente e supinamente, un carcere di morbido velluto che ci offre spazi soffici come batuffoli di cotone.

Ma tutto questo non ci eleva, non ci fa crescere. Al contrario, ci rende infanti insicuri che cercano compagnia, non perché hanno bisogno di qualcuno per scambiare opinioni ed organizzare cose insieme ma perché hanno bisogno di non pensare a niente, che è una cosa molto difficile da fare se si sta da soli e in silenzio.

Inoltre , il fatto di usare i nostri veri dati personali è affascinante, scopriamo che ci elettrizza: esistiamo perché ci trovano e ci troviamo, ci chiede l'amicizia quel vecchio amico del liceo, ma ce la chiede anche il nostro capufficio e magari anche nostra zia o un lontano parente che non abbiamo mai sopportato.

Presto la nostra sottorete di "amicizie" sarà variegata in modo incredibile, fatta contemporaneamente e allo stesso livello da persone che mai nella vita terrena incontreremo tutte insieme contemporaneamente.

A questo punto, benché elettrizzati da questo fantastico contatto perpetuo con gli altri, ci accorgiamo che siamo diventati persone pubbliche, che ogni cosa che facciamo su Facebook è pubblica e viene segnalata ai nostri troppi "amici". Ci accorgiamo che dobbiamo stare attenti, che quello che scriviamo e facciamo sarà giudicato dagli altri, da tutti quelli che , un po' presi dall'euforia iniziale, abbiamo fatto entrare nel nostro mondo.

E così succede che Facebook non ha bisogno di censurarci: lo faremo da soli, perché siamo personalità pubbliche, agganciate al locale, alla nostra rete e ai suoi giudizi.

Ci autolimitiamo perché questo è il prezzo che Facebook ci chiede in cambio del ritrovamento di reti di conoscenze smarrite. Sappiamo meglio chi siamo, perché sappiamo chi ci conosce, ma siamo meno noi stessi perché abbiamo paura di esserlo, essendo continuamente sottoposti a giudizio altrui.

Va da sé, a questo punto, che la tensione è creata e si propaga dentro di noi come un virus. Stiamo su Facebook perché ci piace il contatto, ma al tempo stesso temiamo sorprese ignote e sconvolgenti provenienti dalla nostra sottorete di contatti, poiché essi sono mescolati ed eterogenei, e questo ci crea un fondo di insicurezza.

Cosi' torniamo a controllare gli effetti di quello che facciamo, ritorniamo su Facebook ossessivamente, vogliamo restare connessi sempre, un po' perché quando siamo scollegati ci manca la conchiglia protettiva di questo sfiorarsi e strusciarsi continuamente con gli altri, e un po' perché temiamo gli effetti delle nostre azioni sugli altri.

Per questo, e per altri motivi ancora, Facebook può diventare totalizzante. La nostra vita in rete diventa vita su Facebook, ovvero la nostra Internet diventa Facebook-net.

Be', dirà qualcuno, che c'è di male? Se preferisco bighellonare su FB invece che sul web generale, che cosa cambia? Be', cambia, cambia eccome. Cambia perché la comunicazione Facebook è iper-stringata, formato SMS. E' una neolingua super-asciutta , che uccide la profondità del linguaggio e quindi, alla lunga, anche la profondità del pensiero. Ma è diverso soprattutto perché questo sistemone, questa rete di sottoreti apparentemente aperte, e in effetti chiusa, controllata, assoggettata ad un unico padrone.

Non è la rete di tutti per tutti (Il World Wide Web) ma la rete di un'azienda che ci usa per il suo profitto. E' la rete di un fratellone che ci guarda e ci lascia giocare benevolo, sempre a patto che noi non si faccia qualcosa che lede il suo profitto. Sempre a patto che non pretendiamo anarchia, autogoverno, libertà.

Insomma, questo facebook è un uso della rete diverso, che all'apparenza è più moderno, perché è veloce, crea sottoreti interconnesse in modo molto efficace eccetera. Eppure, è reazionario perché antico nel concetto: riporta ciò che è globale in ambito locale (amici della tua zona, gruppi di persone che si conoscono e abitano vicine ecc.), riporta la bellezza e la bruttezza (foto reali nel profilo) ad essere discriminanti nei rapporti umani, a differenza della tradizionale incorporeità del web. Ma sopratutto trasforma la rete, ovvero ciò che è per antonomasia senza padrone in sistema governato da un padrone, da un potere centrale che decide e regola i flussi... insomma, è un passo indietro rispetto alla sostanziale anarchia del web.

Il mio esperimento è in via di conclusione. Devo ancora decidere che fare quando l'avrò concluso. Mi sono divertito a cazzeggiare qua sopra per qualche giorno. Ho sollecitato un dibattito nelle pagine dei sostenitori di due politici che non apprezzo, ho postato con educazione e cortesia, ma i miei messaggi nelle loro "bacheche" erano profondamente critici e a volte provocatori. Non ho insultato: ho solo chiesto e preteso un confronto, perché credo che non sia parte della natura della rete fare spazi di discussione a senso unico, forum di tifoserie compatte senza traccia di confronto aperto.

Ebbene ho suscitato sorpresa e indignazione, a volte noia, rabbia, stizza. La risposta più ricorrente era "se non sei d'accordo va' da un'altra parte".Alla fine mi hanno bannato dallo scrivere sulla bacheca. Poco male, se non fosse che, forse per un imprevisto tecnico, adesso mi trovo bannato dallo scrivere su tutte le bacheche dei gruppi di Fb. Adesso forse dovrei supplicare i gestori di Fb di rimediare all'errore? Mi daranno ascolto? Potrebbero anche fregarsene, poiché loro sono i padroni assoluti e io solo un utente fastidioso e polemico. Potrebbero non rispondere alle mie mail, se le mandassi. Potrebbero appunto comportarsi in modo dispotico, ne hanno facoltà perché questa è casa loro.

Non mi va. Mi sento un suddito e non voglio esserlo. La rete mi ha abituato a superare gli ostacoli sempre e comunque, per vie dirette o per vie laterali. la rete mi ha sempre dato strade nuove e sfide che posso vincere. Qui dentro sono in prigione, lavoro per qualcuno che nemmeno mi paga e si permette di decidere quello che posso e non posso fare senza darmi alcuna spiegazione.

Ripeto: possono farlo perché è casa loro. Appunto è casa loro e non sarà mai casa mia.

Paul Olden (pseudonimo)

http://www.ilbarbieredellasera.com/article.php?sid=169...

 

Facebook: psicologia subdola, ricerche di mercato gratis, assenza di privacy

Quante volte nella vostra vita vi siete trovati davanti ad una sedicente ragazza che, in cambio di pochi minuti del vostro tempo e qualche semplice risposta a delle domande, vi ha promesso un gadget? Non si contano poi le volte che avete cestinato sondaggi o questionari da riempire con i vostri dati? Non vi preoccupate…queste sono le noie di chi fa marketing, non le vostre.

Eppure c’è qualcosa da sapere che riguarda l’ultimo questionario che avete cestinato. Avete cestinato un questionario utilizzato per raccogliere importanti informazioni commerciali.

Purtroppo, creare un questionario per realizzare dei test di marketing e reperire informazioni di mercato è molto difficile poiché ci si scontra con la soggettività e la suscettibilità degli intervistati. La persona sotto esame infatti spesso adotta comportamenti reticenti nei confronti di chi effettua la ricerca.
In un sondaggio sono molto facili da rilevare i fatti che si riferiscono all’intervistato ed in misura minore anche le sue conoscenze personali. Ad esempio è un fatto l’età o il sesso dell’intervistato mentre il numero e la qualità delle informazioni che il soggetto possiede sono conoscenze.

Più complesso è invece rilevare le opinioni dell’intervistato poiché queste si intersecano spesso con le conoscenze, con il modo di pensare dell’intervistato e con il contesto sociale. Si formano così giudizi personali basati su informazioni di parte, incomplete o addirittura fondate su nessun dato di fatto.

Le opinioni su marche o prodotti hanno però una grande importanza per l’analisi del comportamento di acquisto del consumatore.

Ancora più difficile è rilevare l’atteggiamento del potenziale cliente.
Per atteggiamento si intende la predisposizione dell’intervistato verso situazioni, persone oppure oggetti ed è basato su di una pluralità di elementi razionali e non.

L’atteggiamento di solito si esprime tramite le opinioni ma queste non sono sempre esplicitate dal consumatore.

L’analisi dell’atteggiamento è fondamentale per individuare il profilo dell’intervistato ovvero catalogarlo con aggettivi tipo “pioniere”, “innovatore” o ”leader” che riflettono il suo modo di essere in un contesto sociale o di mercato.

Infine, rilevare le motivazioni dell’intervistato è in assoluto l’obiettivo più difficile nelle indagini di mercato. Le motivazioni spiegano l’atteggiamento ed il comportamento dell’intervistato. Solo una piccola parte delle motivazioni, come quelle razionali, sono facilmente visibili o accessibili in quanto la maggior parte delle motivazioni è riferita ad elementi inconsci e subconsci, a problemi, a bisogni o alla struttura della personalità solo per citare alcuni esempi. Il classico esempio che si cita per spiegare la difficoltà nell’analisi delle motivazioni è quello dell’iceberg, dove solo una piccola parte emerge dal mare ed è facilmente accessibile.

In generale si può dichiarare che la difficoltà dell’indagine aumenti nel passare dai fatti alle motivazioni, sempre tenendo conto che anche per i fatti si deve minimizzare il rischio che l’intervistato non comprenda, non ricordi il fatto, non sia interessato al tema della ricerca o non voglia collaborare per conflitto di interessi.

Inoltre è bene sottolineare che tramite domande effettuate in modo diretto o indiretto all’intervistato si riescono a raccogliere dati concernenti fatti, conoscenze, opinioni ed al limite gli atteggiamenti. Per effettuare ricerche motivazionali invece bisogna ricorrere a tecniche proiettive, nelle quali la situazione è a prima vista spersonalizzata rispetto all’intervistato.

Le domande di tipo proiettivo sono generalmente indirette e fanno capo ad una particolare tecnica detta del transfert. In pratica, si sottopone all’intervistato uno scenario di stimolo apparentemente obiettivo, ma costruito in modo che egli sia costretto a soggettivizzarlo, attraverso un processo di proiezione. In questo modo lo scenario-situazione è filtrato con la propria personalità ed è vissuto come proprio. Se così facendo si riesce a superare la barriera della coscienza, le risposte eludono il controllo intenzionale e quello inconscio dell’intervistato.

Ci si chiede cosa c’entri tutto questo excursus con i siti internet quali “Facebook” oppure “Second-Life”.

Ebbene, Questi siti sono realtà virtuali proiettive dove i gestori arrivano a conoscere fatti, conoscenze, opinioni, atteggiamenti e motivazioni della comunità online (il social network). Queste informazioni di mercato sono ottenute gratuitamente, e tutti gli utenti, sono interessati a rispondere a qualsiasi sollecitazione e assolutamente contenti di collaborare e immedesimarsi in qualsiasi situazione venga proposta.

Queste informazioni di mercato, cosi gratuite e cosi facili da ottenere, valgono miliardi di Euro.

Facebook è il migliore (o il peggiore..) di questi siti (da cui tengo fuori MySpace che ha finalità diverse) e sta venendo imitato un po' da tutte le parti con siti simili che si trovano facilmente navigando su internet; Second Life è in calo data l'instabilità dell'applicazione e il forte orientamento al sesso.
Questi siti sono, a mio avviso, potenziali laboratori di psicologia proiettiva con milioni di pazienti-cavie spesso non coscienti del fatto che potrebbero essere costantemente sotto esame. Tutte le componenti software di terze parti integrate in Facebook tengono attiva la comunità tramite giochi o applicazioni con le quali si possono profilare gli utenti secondo i comportamenti. In Second-Life addirittura si può vivere una propria vita in una realtà virtuale simile al nostro mondo reale.

Questa tipologia di siti internet di tipo “social network”, oltre a fornire una mappatura delle relazioni tra gli utenti permette di catalogare il comportamento delle persone generando enormi potenzialità di marketing. Di fatto, ci sono state capitalizzazioni milionarie delle attività online di “social-network”.

Un esempio eclatante è la storia di Facebook. Il sito, fondato da Mr. Mark Zuckerberg nel 2004 con un investimento di mezzo milione di dollari provenienti dalle tasche del co-fondatore di Paypal Mr. Peter Thiel ha subito ricevuto iniezione di capitali per 12,8m$ (milioni di dollari) l’anno successivo dalla Accel Partners e poi ancora per 25m$ da Greylock Partners and Meritech Capital Partners. Perché tutta questa disponibilità di capitale di rischio anche se formalmente il sito non vendeva nulla?
BusinessWeek riportò a Marzo del 2006 che un potenziale acquisto del sito era in negoziazione. Facebook dichiarò di aver declinato un’offerta di acquisto per 750m$ e voci di corridoio parlarono di un prezzo d’acquisto richiesto di almeno 2b$ (miliardi di dollari). Microsoft annunciò poi nell’Ottobre del 2007 che avrebbe comprato l’1.6% delle azioni di Facebook per 246m$. Anche Yahoo e Google espressero interesse per Facebook e ad oggi la valutazione del prezzo d’acquisto del sito da fonti interne all’azienda è attorno agli 8b$.

In seguito a queste considerazioni, nasce a mio avviso la necessità di una riflessione che riguardi la privacy su internet e l’efficacia delle informative presenti sui siti internet e dedicate agli utenti. L’utente è in grado di essere veramente “informato” sulle conseguenze delle sue azioni online? Quante persone possono capire quale progetto ci sia realmente dietro un sito internet? Sapete in realtà cosa succede quando vi muovete su Second-Life? Potrebbe essere che qualcuno vi stia osservando e voi, firmando l’informativa del sito, gli avete dato il permesso di farlo.

La mia personale conclusione è che probabilmente la totalità degli utenti non sa cosa ci sia dietro internet e soprattutto come vengano sfruttate commercialmente le potenzialità delle nuove applicazioni di social network, che rientrano nell’ambito del web 2.0.

La maggior parte delle persone nemmeno legge l’informativa all’atto dell’iscrizione di un sito. Spesso dunque la massa di internauti non conosce il reale scopo commerciale del sito pubblicizzato come “Social Network” e soprattutto la potenziale esistenza di un “grande fratello online” dal quale abili mani possono prendere informazioni personali, a livello sub-conscio addirittura, preziosissime.

http://www.navigaweb.net/2008/05/facebook-la-psicologia-molti-ed-un-po.html

 


 

Sarà un caso che tutti i video su Youtube che parlano delle connessioni sospette di facebook vengano rimossi quasi subito?

 

   

 

 

 

 

 

 


 

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